martedì 22 novembre 2011

LA CRISI DEI GOVERNI OMBRA

E’ crisi. Una crisi profonda dalla quale sembra impossibile uscire. Siamo spaventati e disorientati. I media acuiscono le nostre paure con servizi nei quali vengono riportate notizie catastrofiche sull’andamento… delle Borse!! Sì, delle Borse, avete capito bene. Quando si pensa ad una crisi dovrebbero venire alla mente le crisi del valori, le crisi di pace, le crisi di siccità o perlomeno naturali. Ma oggi no, oggi nell’era dell’economia imperante è crisi perché a deciderlo sono le Borse. Ma cosa sono le Borse? Possiamo immaginare queste ultime come delle enormi agenzie di scommesse (quante volte avete sentito parlare nei servizi dei TG di “scommettitori”?) dove, i capitalisti ossia coloro che detengono le “ricchezze” materiali, scommettono sulle nostre vite. Scommettono sull’andamento del greggio, sui prezzi futuri di materie prime come mais e grano e addirittura sulla stabilità dei governi. Investono i loro capitali in quote di qualsiasi genere insomma e, maggiore è il rischio che si assumono, maggiore sarà il loro guadagno. Ora, cosa c’entra tutto questo con la crisi italiana, greca, irlandese… mondiale? C’entra con il fatto che le Banche, coloro che in teoria dovrebbero solo prestarsi denaro e ricavarne interessi, agiscono anche loro da scommettitrici nelle Borse. E’ così che l’Italia, per esempio, viene “declassata” dei suoi Titoli che mette a garanzia del debito contratto (circa 1800 miliardi di euro in costante aumento… spiccioli insomma!) e di conseguenza il divario tra il debito e i Titoli aumenta, con l’inevitabile risultato che il popolo italiano dovrà lavorare ancora di più, pagare più tasse, costretto a sputare sangue per garantire a queste caste oligarchiche di vivere beatamente a pancia all’aria in qualche isola sperduta nelle Canarie. Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea (che semplicemente stampa della carta in filigrana e ce la vende…), Federal Reserve sono essi i veri governi mondiali. La Borsa Mondiale crolla e i governi locali supinamente si prodigano in soccorso delle oligarchie economiche con misure anti-crisi che equivalgono sempre a tagli nel settore dell’Amministrazione Pubblica, della Ricerca, aumento della pressione fiscale, Servizi sempre più scadenti e in costante opera di privatizzazione. I cosiddetti paesi occidentali, come in un’orgia perversa, sono indebitati tra di loro in un intreccio del quale è impossibile trovare il bandolo della matassa: l’Italia è principalmente indebitata con gli USA, gli USA principalmente con la Repubblica Popolare Cinese e lo stato di israele… e così via! Tutto questo sotto l’egida direzione delle maggiori banche mondiali. La strategia è sempre la stessa: tenere sotto scacco ogni paese con il debito permanente, non dandogli mai la possibilità di uscire da questa situazione di costante schiavitù economica, altrimenti… il trucco svanirebbe come in un incantesimo! Pensateci bene, l’unico momento storico in cui l’Italia era riuscita a mettere il naso fuori dalla melma del debito è stato quando possedeva un governo che si preoccupava realmente del futuro e dello sviluppo del proprio popolo: dagli 87 milioni del 1929 si era passati ai quasi 6 miliardi di lire di debito pubblico del 1961! Certo, obietteranno in molti, c’era stato un conflitto mondiale tra questi due periodi ma rimane il fatto che, da lì in poi, il debito è aumentato spaventosamente e vertiginosamente senza alcuna sosta. Rompere col Sistema dunque significa rompere le catene del Capitalismo, ridimensionare e limitare l’azione delle banche, mettere all’angolo le Oligarchie Economiche Mondiali… restituire cioè il potere al Popolo!

mercoledì 2 novembre 2011

IL ROSSO DELLA VERGOGNA

All’inizio dell’anno, il 12 febbraio, abbiamo voluto ricordare con un piccolo banchetto simbolico e un volantinaggio nel corso di San Benedetto, le vittime delle foibe e l’esodo di trecentomila istriani, fiumani e dalmati sulla fine del secondo conflitto mondiale. Colpiti dall’odio e dalla ferocia rossa delle forze slave. Fu consumato un vero sterminio etnico dai soldati titini nei confronti d’innocenti “colpevoli” solo di essere italiani, torturati, legati con filo spinato, gettati vivi nelle profondità dei crepacci carsici senza nessuna pietà, neanche per donne e bambini, che anzi furono tra coloro che patirono più sevizie e angherie. A differenza di altre ricorrenze e giornate commemorative, il Giorno del Ricordo, istituito all’incirca da sette anni appena, passa piuttosto sott’ombra e viene poco “pubblicizzato” a parte qualche veloce e sbrigativo accenno nei telegiornali, quasi che il giorno di San Valentino riceve più onori. Non volendo, tuttavia, ricadere nelle classiche categorie e divulgazioni generalizzate sull’argomento e preferendo evitare pregiudizi affibbiati a quei pochi che hanno la voglia di riportare alla memoria questa triste goccia nelle nostre vicende nazionali, o veloci liquidazioni da una certa branca politica, ci limiteremo solamente a riportare in una sintesi (ingiusta e indegna) una spregevole storia personale, di una ragazza di soli 23 anni. Norma Cossetto, una giovane intelligente, piena di vita, creativa e atletica, dal carattere gentile ma nello stesso momento forte e orgoglioso, come solo le donne di un tempo sapevano essere, è deportata insieme a tanti altri nell’ex caserma dei carabinieri ad Antignana. Dopo il suo netto rifiuto di unirsi alle bande comuniste, scegliendo di non tradire il proprio sangue e la propria terra, pronta ad abbracciare la Sorella Morte, tra il 4 e il 5 ottobre del ’43 subisce crudeltà e violenze inaudite. Non è semplice raccontare la sua storia ed è inevitabile farlo senza sentire una morsa al petto, il fiato spezzato e un forte senso di sdegno e vendetta…è molto straziante il ricordo di questa ragazza, legata a un tavolo di legno, picchiata e ferocemente abusata tutta la notte, senza tregua da 17 partigiani titini. Al mattino viene crudelmente gettata, legata con del filo spinato, viva, con un bastone nei genitali, segno di una bestialità e violenza sadica ingiustificabile, in una foiba. Pochi giorni dopo viene estratto il suo povero e disonorato corpo, insieme a tanti altri e grazie a una successiva e momentanea occupazione tedesca del territorio, è stato possibile trovare alcuni dei carnefici, i quali confessano e vengono giustiziati sotto la richiesta furiosa del popolo. Solo nel dicembre del 2005 l’ex presidente Ciampi, dopo più di mezzo secolo di mistificazioni e falsità, riconosce e concede la Medaglia d’oro al merito civile alla ragazza, con il suo sacrificio e la sua infelice storia.

mercoledì 19 ottobre 2011

RIVOLUZIONE DI VITA

Ci sono diversi modi per fare Rivoluzione… Per lungo tempo, fino ai nostri giorni, ci si è serviti di violenza, scontri, guerriglie, terrorismo, come mezzi e forme principali, più veloci ed efficaci.
Sotto quest’ottica una rivoluzione interna alla rivoluzione stessa si può ritrovare ad esempio nella resistenza passiva del popolo indiano sotto la saggia figura di Gandhi. Questo tipo di strategia trovò particolare appoggio nel tempo e nel luogo preso in considerazione, in coerenza anche con la cultura indiana e con il riconoscimento della propria inferiorità militare. L’assoluta inattività, questa resistenza passiva, portò all’umanizzazione del nemico, spogliato della sua carica offensiva provocando forti emozioni e un senso insostenibile di colpevolezza ai soldati inglesi posti davanti a Uomini e non feroci aggressori. Oggi dì un simil fare sarebbe impossibile, visto l’impersonalità delle guerre attuali, in cui non c’è la diretta coscienza e responsabilità del soldato di fronte le vittime. Necessita dunque trovare un altro modo per portare a un cambiamento repentino. Prima di tutto bisogna cogliere la Rivoluzione come Rigenerazione (del corpo, dello spirito, delle idee e dell’essere) e Nuova Generazione: un “genera - azione” interiore, intima ma anche esteriore, materiale, intesa come pro-creazione. Alla luce della mentalità e delle istituzioni odierne, in cui un atto rivoluzionario cade spesso sotto la dicitura di terrorismo, attentato, guerra (alla giustizia, alla libertà, alla sicurezza…) anche senza azioni prettamente violente negli eventi, è l’unica soluzione attuabile che si ha a disposizione per modificare “pacificamente” e naturalmente la tragica situazione quotidiana: crisi economiche, politiche schiacciate dalle banche, soluzioni insoddisfacenti, espatri in Svizzera dei piccoli impresari italiani fedeli alla qualità piuttosto che alla quantità, invasioni dei popoli poveri, tagli all’istruzione e alla cultura…tutto però sommerso dalle banalità quotidiane e dal gossip parlamentare. Tutti sentono la crisi, economica ed esistenziale, ma non si muove nulla. Con un ritorno alla generazione, alla vita che porta con sé una nuova ondata di menti e cuori, la situazione cambierebbe. Si metterebbe con le spalle al muro una politica fallimentare, che non può risolvere la sua incompetenza con privatizzazioni e degrado. Si arriverebbe forse a un’auto collasso del sistema, passaggio obbligato per un Rinnovo Totale.
La Rivoluzione del terzo millennio passa dunque per una Rigenerazione: non essere più un popolo in estinzione, abortivo, suicida, depresso e autodistruttivo (simboli di una società in decadimento), che vive passivamente, ma divenire attivo e partecipe, sovversivo, riaffermando la Vita e il Vivere nel senso più totale e completo. Allontaniamoci da questa Realtà Mortifera e Mistificatrice, inautentica, che si nutre di mero lavoro; che genera forme di alienazione collettive dal carico quotidiano (droghe, sesso, tv spazzatura…) e che, nello stesso tempo, allontana la fine, l’invecchiamento, il capolinea (con lifting, creme anti-età, tiraggi, prodotti a lunghissima conservazione…) per non farci rendere conto di aver buttato la nostra esistenza dietro l’effimero, scagliandoci con crudele violenza in questo inferno quando ormai è già tutto perduto.

sabato 16 aprile 2011



Questa mattina l'Ass. culturale Sol Invictus ha distribuito davanti ai Licei Classico e Scientifico di San Benedetto del Tronto dei volantini inerenti alla problematica dei recenti flussi migratori scaturiti dalla guerra in Libia.

domenica 27 marzo 2011

PROGRESSO CONSUMISTICO

Progresso. Sviluppo. Futuro. È verso queste tre parole che la società si orienta in ogni sua scelta e politica economica, sociale, culturale e antropologica. Ma per quale obiettivo precisamente? E in che modo? Un qualsiasi demagogo (quanto un illuso) potrebbe facilmente rispondere che si mira allo sviluppo per “garantire a ogni essere umano quelle condizioni materiali e mentali per condurre una vita migliore, permettere di avere un’esistenza dignitosa e usufruire a pieno delle proprie capacità e opportunità”. Parole molto belle e prospettive desiderabili, ma di valore e concretezza pressoché nulla. Riflettendo con più attenzione al termine preso in questione si può vedere come questo sia spesso usato come sinonimo di progresso, ed entrambi indichino una propensione verso l’avvenire, connotandolo di una certa positività. Sentiamo comparire frequentemente queste parole nell’era moderna, in bocca a molti scienziati, inventori, filosofi, letterati; specie con la nascita dell’ Illuminismo e del Positivismo, correnti connotate da una ferma fiducia nella ragione e nelle capacità umane, volte alla trasformazione, alla manipolazione e alla scoperta della natura, per svelarne i misteri e piegarla alle proprie esigenze garantendo così aspettative di vita maggiori e migliori. Tuttavia con “sviluppo” si deve far riferimento soprattutto alla società capitalista, che sfruttando questo concetto ha potuto perpetrare la propria logica malata del consumismo, dello strumentalismo e del guadagno di pochi. Ben diverso dal “progresso” che indica più una naturale evoluzione intrinseca di qualcosa o di un evento, nello sviluppo troviamo invece un impegno di energie e capacità, una concentrazione, una ricerca volontaria e indirizzata verso uno scopo. Quello che dovrebbe portare a un benessere universale finisce per rivelarsi strumento di oppressione: in nome dello sviluppo si dislocano fabbriche nazionali e imprese condannando gli operai alla fame, in nome dello sviluppo si dissanguano risorse ambientali e umane dei paesi meno avanzati, in nome dello sviluppo si esaspera l’utilizzo della tecnica e della manipolazione scientifica che ci sta portando all’autodistruzione. Così abbiamo cittadini disoccupati o in cassa integrazione, popoli disumanizzati, immigrazione alle stelle, medicinali che ammazzano invece di guarire, presunte catastrofi imminenti, il buco nell’ozono, scie chimiche misteriose, la clonazione, gli ogm (che sono stati sperimentati e accolti per risolvere il problema della fame nel mondo ma che in pratica non fa altro che avvelenare le culture europee e americane, lasciando i morenti al loro destino). Tutto poi rientra nel circolo del consumo, perché le migliori condizioni di vita oramai si misurano solo sulla quantità di beni effimeri accumulati e sull’ ampia capacità di acquisto, tralasciando completamente un’evoluzione del pensiero, della dignità e del rispetto per l’uomo. Per portare avanti questo ideale sono state create e commissionate parecchie associazioni ed enti umanitari, che fingono di fornire il beneamato benessere ai più disagiati nascondendo la loro vera natura. Alla fine però si svela il vero intento di questo progresso: il solito ed esclusivo guadagno dei “potenti”.

giovedì 10 marzo 2011

NOBILI GUERRIERI

Guerra e Gioco; Violenza e Cultura; Lotta e Civiltà. A primo sguardo sembrerebbe non ci sia nessuna connessione logica, né tantomeno morale tra queste coppie, apparentemente, paradossali. Eppure svolgendo un’analisi più attenta, si può notare come in realtà siano strettamente collegati i termini elencati. Innanzitutto: il conflitto come gioco. L’uomo è un essere ludico, come molte altre specie animali per natura. Questa sua componente però la ritroviamo in diverse attività tipicamente umane come l’arte, la filosofia, il linguaggio, la musica e in quelli che sono giochi veri e propri (di logica, di gruppo, solitari…). Tra queste manifestazioni la forma più curiosa sotto la quale si presenta l’elemento ludico, è la Lotta, che può indicare sia la guerra simulata o scontri agonali, senza spargimento di sangue, sia conflitti bellici violenti e mortali. Entrambi i modi hanno svolto un ruolo decisivo nello sviluppo e nella progressione della cultura. Infatti, queste esperienze si svolgono con regole, spazi e tempi ben determinati, ognuno assume il ruolo più consono ed è necessario che ciascuno mantenga gli accordi stabiliti, come in un vero e proprio gioco nel quale molto importante diventa dunque la fedeltà, la temperanza e l’ingegno. Non tutte le guerre però sono uguali. Ai primi scontri armati primitivi, intrecciati con una componente sacrale e provvidenziale, ritroviamo una forma di onore e stima anche verso lo sconfitto, che ha dimostrato coraggio accettando lo scontro; segue sulla stessa morale la contesa tradizionale. Nascono caste di guerrieri, nobili e samurai, la guerra diviene una professione e una vera e propria Arte. Coraggio, fedeltà, dignità e rispetto dell’avversario considerato se meritevole, un proprio pari, diventano le colonne portanti di un nuovo codice d’onore. Germoglia così lo Spirito Guerriero che coltiva l’anima, la virtù, l’audacia, la fiducia in una parola data, l’eroismo e l’intraprendenza. I giovani delle società arcaiche decantavano poemi e storie di Achille, Ettore, Leonida e i suoi spartani; di legioni romane, grandi condottieri e prodi combattenti, samurai del grande impero e antichi eroi popolari; esercitando nella quotidianità della propria comunità e al servizio dell’impero fierezza e onestà. Un grande gioco di forza, onore e fedeltà che ha permesso un’evoluzione dei rapporti umani, tra compatrioti e nemici, portando a un più elevato grado di civiltà. Stravolge purtroppo tale approccio bellico l’era moderna, per raggiungere un’estrema degradazione con quella contemporanea. Salta fuori la morale di “il fine giustifica i mezzi”, lasciandosi alle spalle tutti i valori feudali e la loro magia. S’incrementano studi e tecnologie in grado di provocare il più alto numero di danni, vere e proprie armi di sterminio di massa. Chiunque entra così in guerra: donne, bambini, anziani non sono più lontani dai campi di battaglia, subendo al limite le conseguenze di una conquista o invasione. Non c’è più combattimento fondato sullo spirito del corpo, ma su tecnologia e distruzione.

domenica 20 febbraio 2011

STRATEGIE DI MERCATO

Il principale compito di un governo è sicuramente quello di tutelare il proprio popolo, educarlo e cercare di creare le condizioni affinché esso prosperi al meglio. Abbiamo già detto in passato che oggi la classe politica è intenta a svolgere più un ruolo più di amministratori che di veri e propri politici. Amministrare è implicito nel ruolo politico ma non è dominante. Ma perché però oggi “amministrare” è così importante? Più volte abbiamo indirizzato le nostre critiche e i nostri sospetti nei confronti delle lobbies economiche, industriali e non, ree di governare nell’ombra alle spalle del popolo, servendosi dei partiti politici. Fantapolitica? Diremmo proprio di no. Il nostro ragionamento ci porta inevitabilmente a parlare del PIL (prodotto interno lordo) e del fatto che esso sia semplicemente un parametro economico, in grado di fornirci indicazioni riguardo la ricchezza materiale del nostro paese, tralasciando però completamente salute, cultura, benessere interiore, ambiente. Bob Kennedy il 18 marzo 1968 tenne un discorso pubblico apertamente in contrapposizione con la politica del PIL, incapace di analizzare a fondo lo stato di un paese, andando quindi controcorrente con la tradizione iper-liberista e manageriale della sua nazione. Caso del destino fu assassinato nemmeno tre mesi dopo. Un’interessante puntata di Report, andata in onda di recente, ha spiegato perfettamente che l’innalzamento del PIL non corrisponde quasi mai ad un benessere generale per tutte le classi sociali. Le imprese che pesano sul PIL sono quasi tutte società per azioni SPA che, naturalmente, all’aumento del fatturato fanno corrispondere dei dividendi per gli azionisti, al contrario l’abbassamento del fatturato produce disoccupazione e abbattimento di quelli che sono considerati dei costi (riduzione del livello di sicurezza per i lavoratori, raggiri più o meno legali per evitare i costosi processi di smaltimento dei rifiuti ecc.). In sostanza quando il PIL aumenta l’occupazione rimane stabile e la percezione ai consumi è intatta, quando il PIL scende l’inflazione sale, e con essa la riduzione del potere di acquisto del ceto medio-povero, e la disoccupazione sale (annessa e connessa la cassa integrazione pagata dallo Stato attraverso i contribuenti). Le Industrie seguono precise Strategie di Mercato che mirano soltanto all’accumulo di guadagni senza avere il minimo controllo dello Stato e senza doversi preoccupare di nulla. Gli esseri umani sono venduti a parimenti di merci di scambio, affittati con contratti a tempo determinato, a progetto, senza che essi possano reagire in nessuna maniera. Mai come oggi il divario tra maestranze lavorative e sistema capitalistico era divenuto così ampio e incolmabile. Il mercato impone flessibilità ed è il mercato che comanda, non questo o quel governo, perché l’obiettivo principale è sempre lui: il PIL. Il Progresso si tramuta in livelli di produzione sempre più elevati e più veloci. La Cultura e la Salute ostaggio del denaro, la Natura stuprata e saccheggiata e defraudata di ogni suo particolare. Quanto dovremo aspettare ancora? Qual è il limite che dovremo toccare? Quando l’uomo si renderà conto che non potrà nutrirsi domani di banconote o di obbligazioni bancarie? Quanto ancora manca all’umanità per ribellarsi a questo gioco al massacro? Non lo sappiamo. L’unica cosa che sappiamo per certo è che Noi, comunque sia, siamo pronti da un bel pezzo!

domenica 13 febbraio 2011


Ieri pomeriggio l'Associazione Culturale Tradizionalista "Sol Invictus" ha tenuto un banchetto in pieno centro,in Viale Secondo Moretti,per rammentare a tutti il genocidio perpetrato nei confronti dei 10.000 martiri italiani massacrati ed infoibati in Istria dalle bande comuniste titine tra il 1943 e il 1947.
LE VITTIME DELLE FOIBE VOGLIONO GIUSTIZIA...NOI NON DIMENTICHIAMO !