domenica 24 ottobre 2010

EVITA: UNA GOCCIA D’AMORE

Il 26 luglio del 1952 lasciava per sempre la sua amata Argentina la giovane Maria Eva Duarte de Perón, gran personaggio politico e sociale; moglie, sostenitrice e collaboratrice del presidente argentino Juan Domingo Perón. Sempre fiera delle sue umili origini mai rinnegate, conobbe fino alla sua adolescenza fatica, miseria e stenti che segnarono il suo buon cuore e la resero fin da bambina molto sensibile e combattiva sul fronte dell’ingiustizia sociale, nella divisione tra “i ricchissimi e i poverissimi” nel suo Paese. Forte e agguerrita nel portare avanti il peronismo, (comprendente il nazionalismo, l’autarchia, la giustizia, il corporativismo) in cui credeva fervidamente non si è mai lasciata scoraggiare da quelli che lei stessa chiamava “uomini comuni”: coloro che appartengono alla “mediocrità, sterile e velenosa”, sempre pronti a criticare o attaccare qualsiasi posizione o idea senza averne una propria ben definita, approfittatori di ogni novità per scopi personali. Al contrario lei non peccò mai di egoismo o di ambizione ma ogni sua azione, pensiero, volontà fu sempre rivolta al popolo, nel quale lei ricercava e metteva tutta se stessa con un amore e una passione incomparabile. Rivoluzionaria e amata dai suoi descamisados, gli uomini di umili origini, la gente semplice, i lavoratori, tutti coloro che si sentono popolo, che amano, gioiscono e soffrono come tale. La chiamavano affettuosamente “Evita” e al suo seguito manifestarono per la liberazione del generale Peròn nell’ottobre del 1945, arrestato per le sue idee sovversive. Madre di tutti i bambini, i deboli e i poveri; compagna dei lavoratori; sorella e amica di tutte le donne, si prodigò, nonostante la sua malattia, con impegno ed interesse nelle questioni e nell’assistenza sociale, favorendo la costruzione di ospedali, scuole e nidi per gli infanti (colorati, allegri, con materiale di prima qualità per uscire dal grigiume e dalla miseria quotidiana); o dedicandosi all’emancipazione della donna, creando il ramo femminile del Partito Peronista e portando l’ Argentina nel 1951 al suffragio universale. Non si limitò solo a seguire il vecchio modello della “moglie del Presidente”, mostrandosi unicamente nelle apparizione pubbliche o partecipando alle cerimonie ufficiali; lei si fece carico dei problemi della comunità e di una responsabilità nei confronti di tutti, ben consapevole però di quale fosse il suo posto e ruolo; lei fu “moglie del capo, della guida degli Argentini”. Innamoratissima del suo compagno e del suo popolo, piccola, umile, semplice, disposta a tutto, guidata dal suo cuore trovò la sua energia e determinazione nell’unica forza costruttiva: l’amore, poiché come scrive in La ragione della mia vita, la sua autobiografia “nella donna è naturale darsi, concedersi totalmente per amore; in questo darsi è la sua gloria, la sua salvezza, la sua eternità”. (…) L’amore è darsi e dare la propria vita. (…) Quando si comincia a dare la vita, soltanto allora si compie opera d’amore.”