domenica 27 marzo 2011

PROGRESSO CONSUMISTICO

Progresso. Sviluppo. Futuro. È verso queste tre parole che la società si orienta in ogni sua scelta e politica economica, sociale, culturale e antropologica. Ma per quale obiettivo precisamente? E in che modo? Un qualsiasi demagogo (quanto un illuso) potrebbe facilmente rispondere che si mira allo sviluppo per “garantire a ogni essere umano quelle condizioni materiali e mentali per condurre una vita migliore, permettere di avere un’esistenza dignitosa e usufruire a pieno delle proprie capacità e opportunità”. Parole molto belle e prospettive desiderabili, ma di valore e concretezza pressoché nulla. Riflettendo con più attenzione al termine preso in questione si può vedere come questo sia spesso usato come sinonimo di progresso, ed entrambi indichino una propensione verso l’avvenire, connotandolo di una certa positività. Sentiamo comparire frequentemente queste parole nell’era moderna, in bocca a molti scienziati, inventori, filosofi, letterati; specie con la nascita dell’ Illuminismo e del Positivismo, correnti connotate da una ferma fiducia nella ragione e nelle capacità umane, volte alla trasformazione, alla manipolazione e alla scoperta della natura, per svelarne i misteri e piegarla alle proprie esigenze garantendo così aspettative di vita maggiori e migliori. Tuttavia con “sviluppo” si deve far riferimento soprattutto alla società capitalista, che sfruttando questo concetto ha potuto perpetrare la propria logica malata del consumismo, dello strumentalismo e del guadagno di pochi. Ben diverso dal “progresso” che indica più una naturale evoluzione intrinseca di qualcosa o di un evento, nello sviluppo troviamo invece un impegno di energie e capacità, una concentrazione, una ricerca volontaria e indirizzata verso uno scopo. Quello che dovrebbe portare a un benessere universale finisce per rivelarsi strumento di oppressione: in nome dello sviluppo si dislocano fabbriche nazionali e imprese condannando gli operai alla fame, in nome dello sviluppo si dissanguano risorse ambientali e umane dei paesi meno avanzati, in nome dello sviluppo si esaspera l’utilizzo della tecnica e della manipolazione scientifica che ci sta portando all’autodistruzione. Così abbiamo cittadini disoccupati o in cassa integrazione, popoli disumanizzati, immigrazione alle stelle, medicinali che ammazzano invece di guarire, presunte catastrofi imminenti, il buco nell’ozono, scie chimiche misteriose, la clonazione, gli ogm (che sono stati sperimentati e accolti per risolvere il problema della fame nel mondo ma che in pratica non fa altro che avvelenare le culture europee e americane, lasciando i morenti al loro destino). Tutto poi rientra nel circolo del consumo, perché le migliori condizioni di vita oramai si misurano solo sulla quantità di beni effimeri accumulati e sull’ ampia capacità di acquisto, tralasciando completamente un’evoluzione del pensiero, della dignità e del rispetto per l’uomo. Per portare avanti questo ideale sono state create e commissionate parecchie associazioni ed enti umanitari, che fingono di fornire il beneamato benessere ai più disagiati nascondendo la loro vera natura. Alla fine però si svela il vero intento di questo progresso: il solito ed esclusivo guadagno dei “potenti”.

giovedì 10 marzo 2011

NOBILI GUERRIERI

Guerra e Gioco; Violenza e Cultura; Lotta e Civiltà. A primo sguardo sembrerebbe non ci sia nessuna connessione logica, né tantomeno morale tra queste coppie, apparentemente, paradossali. Eppure svolgendo un’analisi più attenta, si può notare come in realtà siano strettamente collegati i termini elencati. Innanzitutto: il conflitto come gioco. L’uomo è un essere ludico, come molte altre specie animali per natura. Questa sua componente però la ritroviamo in diverse attività tipicamente umane come l’arte, la filosofia, il linguaggio, la musica e in quelli che sono giochi veri e propri (di logica, di gruppo, solitari…). Tra queste manifestazioni la forma più curiosa sotto la quale si presenta l’elemento ludico, è la Lotta, che può indicare sia la guerra simulata o scontri agonali, senza spargimento di sangue, sia conflitti bellici violenti e mortali. Entrambi i modi hanno svolto un ruolo decisivo nello sviluppo e nella progressione della cultura. Infatti, queste esperienze si svolgono con regole, spazi e tempi ben determinati, ognuno assume il ruolo più consono ed è necessario che ciascuno mantenga gli accordi stabiliti, come in un vero e proprio gioco nel quale molto importante diventa dunque la fedeltà, la temperanza e l’ingegno. Non tutte le guerre però sono uguali. Ai primi scontri armati primitivi, intrecciati con una componente sacrale e provvidenziale, ritroviamo una forma di onore e stima anche verso lo sconfitto, che ha dimostrato coraggio accettando lo scontro; segue sulla stessa morale la contesa tradizionale. Nascono caste di guerrieri, nobili e samurai, la guerra diviene una professione e una vera e propria Arte. Coraggio, fedeltà, dignità e rispetto dell’avversario considerato se meritevole, un proprio pari, diventano le colonne portanti di un nuovo codice d’onore. Germoglia così lo Spirito Guerriero che coltiva l’anima, la virtù, l’audacia, la fiducia in una parola data, l’eroismo e l’intraprendenza. I giovani delle società arcaiche decantavano poemi e storie di Achille, Ettore, Leonida e i suoi spartani; di legioni romane, grandi condottieri e prodi combattenti, samurai del grande impero e antichi eroi popolari; esercitando nella quotidianità della propria comunità e al servizio dell’impero fierezza e onestà. Un grande gioco di forza, onore e fedeltà che ha permesso un’evoluzione dei rapporti umani, tra compatrioti e nemici, portando a un più elevato grado di civiltà. Stravolge purtroppo tale approccio bellico l’era moderna, per raggiungere un’estrema degradazione con quella contemporanea. Salta fuori la morale di “il fine giustifica i mezzi”, lasciandosi alle spalle tutti i valori feudali e la loro magia. S’incrementano studi e tecnologie in grado di provocare il più alto numero di danni, vere e proprie armi di sterminio di massa. Chiunque entra così in guerra: donne, bambini, anziani non sono più lontani dai campi di battaglia, subendo al limite le conseguenze di una conquista o invasione. Non c’è più combattimento fondato sullo spirito del corpo, ma su tecnologia e distruzione.